domenica 13 aprile 2014

Domenica delle Palme

Una nuova Domenica delle Palme.
Ne ho vissute 48, fino ad ora. Quelle che ho vissuto davvero sono meno, ma sono comunque un bel numero.
Eppure, ogni volta che ascolto la lettura della Passione, c'è sempre qualcosa di nuovo, un aspetto a cui non avevo pensato a fondo o qualcosa che mi appare sotto una luce diversa.
Potenza della Parola.
La Parola di Dio si rivolge a noi da migliaia di anni, ma è sempre nuova, sempre attuale (avete presente la lettura di due domeniche fa, quella del cieco nato? Sembra una puntata di un talk-show moderno... tutti parlano e nessuno ascolta il cieco. Tutti pensano di sapere ogni cosa e non sanno nulla).
Oggi ascoltavo e pensavo al dolore fisico di una morte come quella di Gesù.
Ho pensato al dolore della flagellazione (Dio mio, sentire la pelle strappata via da quelle punte di ferro attaccate alla frusta!), al dolore delle spine, a quanto deve essere accecante il dolore di un chiodo che entra nella carne... Per non parlare del dolore di vedersi abbandonato, tradito, umiliato e deriso... SOLO. Quanti uomini, come Gesù, hanno sofferto pene simili, terribilmente e profondamente soli!
Solo Dio resta accanto, in queste situazioni.
E Gesù sapeva.
Sapeva cosa lo aspettava.
Avrà anche visto, forse, altri condannati giustiziati in quel modo, avrà sentito le loro urla, visto lo strazio del corpo.
E lui SAPEVA.
Sapeva cosa prova un uomo, cosa sente dentro di sé, conosceva ogni pensiero di chi aveva accanto. Quindi sapeva cosa avrebbe provato.
E per questo ha pregato, la sera, faccia a terra, per non dover subire una tale condanna.
Non vergogniamoci, ogni volta che abbiamo paura, ogni volta che pensiamo che non riusciremo a superare una difficoltà, un dolore, se chiediamo a Dio di risparmiarcelo: anche Gesù lo ha fatto.
E lui sapeva che, comunque, Dio lo avrebbe resuscitato.
Ma la strada per arrivarci era così dolorosa che lui ne è stato, per un poco, sopraffatto.
Ma immediatamente l'amore ha preso il sopravvento.
Quale amore può essere così grande da far affrontare a testa alta, senza un fremito, un supplizio di tale portata?
E Gesù si è lasciato torturare, denigrare, umiliare, abbandonare, inchiodare sulla croce...
Ha steso le braccia, si è disteso sul legno, ha dato tutto.
Ma come faccio, ancora, dopo tutti questi anni, a non rivoluzionare tutta la mia vita, davanti a questo?
Un amico ha fatto questo PER ME. È morto al mio posto, è morto perché io non morissi più.
E io?
Io sarei fuggita, insieme agli apostoli, ne sono certa.
Io avrei giurato di non conoscerlo.
Io avrei avuto paura.
Anche se avessi saputo, anche se fossi catapultata lì adesso, sapendo tutto di Lui.
Probabilmente scapperei.

E lui è morto lo stesso per una come me, per uno come Giuda, per uno come Pietro e per ogni uomo, dal più santo al più peccatore.
Perché anche il più grande peccatore possa salvarsi, se solo alzerà lo sguardo verso di Lui e lo riconoscerà Figlio di Dio, come ha fatto il centurione e gli chiederà "ricordati di me, quando sarai nel Tuo Regno", come il "ladrone" al suo fianco.