lunedì 19 marzo 2018

Crocifisso o Risorto?

Qualche giorno fa un amico con cui stavo discutendo si chiedeva perché i cristiani avessero preso come simbolo il crocifisso, anziché una immagine di Gesù risorto. Lui affermava che i cristiani predicano Gesù Risorto, la gioia della Resurrezione, la speranza nella vittoria della vita sopra la morte ecc... e quindi gli sembrava strano, triste, che invece il simbolo fosse rappresentato da un uomo che soffre e muore, da un simbolo di dolore, di morte (e che morte...).


Questa osservazione non è certo nuova, dato che già San Paolo scriveva: 

" La parola della croce infatti è stoltezza per quelli che vanno in perdizione, ma per quelli che si salvano, per noi, è potenza di Dio. Sta scritto infatti:
Distruggerò la sapienza dei sapienti
e annullerò l'intelligenza degli intelligenti
.
Dov'è il sapiente? Dov'è il dotto? Dove mai il sottile ragionatore di questo mondo? Non ha forse Dio dimostrato stolta la sapienza di questo mondo? Poiché, infatti, nel disegno sapiente di Dio il mondo, con tutta la sua sapienza, non ha conosciuto Dio, è piaciuto a Dio di salvare i credenti con la stoltezza della predicazione. E mentre i Giudei chiedono i miracoli e i Greci cercano la sapienza, noi predichiamo Cristo crocifisso, scandalo per i Giudei, stoltezza per i pagani; ma per coloro che sono chiamati, sia Giudei che Greci, predichiamo Cristo potenza di Dio e sapienza di Dio. Perché ciò che è stoltezza di Dio è più sapiente degli uomini, e ciò che è debolezza di Dio è più forte degli uomini." (1Cor 1,22-25)

La croce ha sempre destato scandalo. Viene spontaneo pensare che sarebbe più bello presentare un Gesù vittorioso, splendente, risorto. Non attirerebbe forse di più? Perché ricordare che esiste il dolore, la morte? Non siamo già abbastanza circondati da essa?






Del resto, la vita di Gesù insegna: quando è entrato a Gerusalemme osannato da tutti, con la fama di guaritore, di chi moltiplica il cibo, risuscita morti, è stato accolto da una folla enorme, portato in trionfo. Dove era tutta quella gente, sotto la croce?


Eppure...
La croce non ci viene mostrata per un sadico tentativo di dirci che solo attraverso la sofferenza possiamo salvarci o per farci sentire in colpa per i nostri peccati dato che "Gesù ha sofferto tanto per te". 
Ma è lì a ricordare che Gesù ha dato tutto per noi, ci ha amati di un amore così grande che non si è cancellato nemmeno davanti alla morte. Dio ha cambiato un segno di morte e sofferenza in un simbolo di amore, di vittoria. Gesù avrebbe potuto rifiutare: "che cosa devo dire?....Padre salvami da quest'ora? Ma proprio per questo sono venuto a quest'ora" (Gv 12,27). Invece non lo ha fatto. Ha accettato in pieno il disegno su di Lui. Anche se prevedeva la sofferenza. Sapeva che sarebbe risorto? Certo, ma come uomo la sofferenza l'ha provata tutta e ne era spaventato. 
E questo, mi direte, non significa forse dire agli uomini: "guardate come vi ha amato Gesù e voi, invece..."? 
No, significa dire agli uomini: "So cosa significano le vostre sofferenze. Anche io ho sofferto, come voi. So la paura che provate, il dolore che subite. Ma sono qui. Sono qui accanto a voi, proprio perché so cosa si prova. Non ho rifiutato la sofferenza, l'ho abbracciata per far sì che ogni uomo che soffre sappia che anche lui passerà la resurrezione, se si affida a Dio Padre, come ho fatto io"
Mostrare la Croce è quindi andare contro il mondo che ci vuole tutti vincitori, tutti belli e splendenti come Gesù sul Tabor. E che scarta, rifiuta l'idea della morte, della sofferenza, del dolore. Un mondo che elimina i sofferenti, li nasconde, fa tabù della morte, evita di mostrare chi non è "perfetto".
Gesù stravolge tutto questo.
La Croce, "stoltezza per gli uomini", diventa il segno della potenza, della sapienza, dell'amore di Dio, così che gli uomini non abbiano più paura di essa, ma, affidandosi a Dio, sappiano che tutto possono "in Colui che mi dà forza", che anche loro avranno conforto, salvezza, resurrezione, vita eterna.