lunedì 21 gennaio 2019

Una vita, mille vite

Domenica scorsa il piccolo Julen, due anni e mezzo, è caduto in un profondo buco del terreno, un pozzo. Non si sa se sia ancora vivo, ma si scava incessantemente, pur di tirarlo fuori. In ogni parte del mondo ci sono persone che pregano, sono angosciate, soffrono per la sorte di quel bambino e per il dolore dei genitori, già provati dalla morte di un altro figlio.
"Bimbo caduto nel pozzo: come sta Julen e a che punto sono i soccorsi
è come se Julen fosse figlio di tutti”, ha detto l'ingegnere che sta coordinando le operazioni di soccorso, Angel Garcia Vidal.

Nel mediterraneo, intanto, si continua a morire.
Muoiono bambini come Julen, donne come me, uomini.
E queste persone non sono forse "figli di tutti", come Julen?

La loro vita vale forse meno?

O forse ci commuoviamo di più per il piccolo perché ne conosciamo la storia nei dettagli, vediamo le immagini, i genitori... mentre gli altri sono solo "un numero" fra le tante morti che avvengono ogni giorno nel mondo?

Eppure, anche queste persone hanno una storia, avevano una vita, dei sogni, delle speranze.

Perché allora della morte di questi c'è chi perfino prova sollievo (meno gente qui, siamo già troppi!) o indifferenza? Chi sbeffeggia postando foto goliardiche mostrando che, di fatto, la notizia non lo tocca. Chi cinicamente dichiara: "se non partivano, non morivano" dimenticando che sarebbero morti lo stesso, ma "a casa loro" (oltre a dimenticare di usare il congiuntivo).

Riusciremmo a dire, del piccolo Julen: "se non fosse andato vicino al pozzo, non sarebbe caduto"? Lo diremmo, lo abbiamo detto, di Alfredino Rampi, la cui storia è drammaticamente uguale?

Penso che la storia di JUlen ci commuova e ci faccia trepidare perché, appunto, ne conosciamo i dettagli e riusciamo ad immedesimarci, ma anche perché, ammettiamolo, lui, se venisse salvato, tornerebbe a casa e non verrebbe "ad invaderci".
Ecco il punto.
Queste persone che muoiono i mare non ci toccano perché "vengono a rubarci il lavoro, ad ingrossare le fila della malavita, siamo già troppi, non c'è posto per tutti (questa è la bugia più colossale: l'Europa, l'Italia soprattutto, sono a crescita zero, c'è bisogno di loro)" E così ad ogni notizia di naufragi, tiriamo un respiro di sollievo: i nostri beni sono al sicuro! Non sia mai che debba condividere qualcosa! Io ho guadagnato quello che ho, ne ho diritto!

Ricordo che quando ero piccola si viveva con molto meno, oggi se non hai lo smartphone non puoi vivere. Meglio avere debiti, ma non deve mancare nulla, soprattutto del superfluo.

Tempo fa ho letto un commento che affermava che era un bene che tanti bambini morissero, perché altrimenti il mondo sarebbe stato sovraffollato. E in un negozio ho sentito un uomo affermare che "siamo troppi, dovremmo buttare una bomba sull'Africa". Non sono riuscita a tacere e ho risposto: "giusto, siamo troppi, quindi perché non inizia ad uccidersi lei, per primo, per fare posto?"
 Trovo tutto questo agghiacciante.

Un giorno potremmo essere noi su quelle barche, come lo sono stati i nostri nonni.
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P. S.: Questo testo non vuole assolutamente sminuire la tragedia del piccolo Julen, per il quale sto rivivendo l'angoscia e il dolore provati con la storia di Alfredino, ma questa volta lo vivo da madre e il cuore mi si spezza, scoppia di dolore al pensiero di come si possa sentire il piccolo, là sotto ei suoi genitori, impotenti, qua sopra