giovedì 31 dicembre 2020

Pagine e persone che diffondono odio... Perché?

Sembra che da quando esistono i forum, i social, le persone abbiano iniziato a tirare fuori la parte peggiore di sé. Sembra che il fatto di essere nascosti dietro un nick name e uno schermo dia quel coraggio e quella forza per aggredire verbalmente chiunque. Tanto il bersaglio non può reagire, se non con altre parole. Ma a quel punto l'aggressore risponderà con più forza, compiacendosi di aver colpito nel segno, cioè di aver suscitato una reazione, di aver "fatto colpo".

Ad esempio, in questi giorni, fra amiche e colleghe, si discute di alcune pagine che screditano l'allattamento e diffamano le consulenti per l'allattamento in vari modi.

Il tutto con una ferocia e un compiacimento che a qualcuno suscita rabbia, a qualcuno tristezza, a qualcuno fa scuotere il capo come a dire: "non ti curar di lor...".

Quando leggo queste esternazioni, che possono riguardare qualsiasi argomento  - allattamento, vaccini, immigrati, disabili, personaggi famosi, ecologia... - la reazione spontanea è di rabbia, di desiderio di replicare punto per punto (a volte lo faccio), usare la ragione per cercare uno spiraglio in cui ci sia la possibilità di infilarsi per trovare un minimo di dialogo... cosa peraltro che fallisce sempre, perché lo scopo di queste persone non è cercare il confronto.

La seconda reazione è più ponderata e si basa sul pensiero che chi vomita così tanta rabbia abbia un motivo. Qualcosa ha creato in lui/lei una ferita così grande che tutto il pus che vi si è formato dentro deve essere buttato fuori in qualche modo. Aggredire serve a nascondere il dolore, a negarlo.

Se io non ho allattato e ne ho sofferto; se tutto, intorno a me, me lo ha fatto passare come un fallimento personale, devo proteggermi trasformando il mio dolore in rabbia verso chiunque mi decanti le "meraviglie dell'allattamento", devo dire a me stessa che non importa, che non è vero che allattare sia importante o faccia bene o chissà cosa altro. Altrimenti ne soffrirei troppo.

Se sono stata punita fisicamente o psicologicamente da bambina, dovrò sostenere con forza che non fa male, che i miei genitori mi amavano tantissimo, che erano perfetti, perché affermare che, pur amandomi, possono aver commesso degli errori, mi distruggerebbe l'immagine che ho di loro, mi farebbe mettere in dubbio il loro amore e farebbe tornare a galla il mio dolore di bambina. Inaccettabile.

E così via.

Per cui, se ne avrò l'occasione, diffonderò ovunque questo mio pensiero, oppure sarò aggressiva verso chi cerca di farmi ragionare, perché mettermi in discussione farebbe troppo male. Agisco in buona fede, inconsapevolmente, per proteggermi. 

A volte c'è anche la cattiva fede.

A volte c'è il disprezzo per chi dedica la sua vita a cercare di costruire qualcosa di buono, perché l'anima di questi "odiatori seriali" sembra incapace di concepire che qualcuno possa agire in modo disinteressato. Oppure c'è il disprezzo perché aiutano, accolgono, frequentano persone giudicate inferiori, "sub-umane", potrei dire.

A volte c'è la volontà di evitare il confronto, c'è il desiderio di fare del male a chi ritengono colpevole del loro dolore (che ovviamente staranno negando) per una sorta di rivalsa, per sentirsi più forti schiacciando l'altro.

E godrann0 di ogni commento indignato che arriverà, si divertiranno a deridere, denigrare, ridicolizzare e sminuire chi cerca di portare prove, ragionamenti...

Io non sono psicologa e quello che dico l'ho imparato leggendo, studiando, approfondendo per fare meglio il mio lavoro e per la mia maternità. Ma il meccanismo di difesa che usa l'aggressività è abbastanza comune.

Per cui, ripensando all'ultimo di questi episodi di puro accanimento verso una categoria, verso una persona, verso evidenze scientifiche, mi viene da pensare a quanto dolore nascosto ed inespresso possa avere una persona che si comporta così, oppure a quanto abbia bisogno di ancorarsi alle sue certezze perché perderle potrebbe voler dire sentirsi smarrita e non saper più dove attaccarsi, dove sentirsi sicura.

Nella mia vita, seppur non tanto lunga ancora, ho spesso fatto il conto con "verità" che credevo assodate e che mi davano sicurezza e che, invece, si sono poi rivelate errate. Mi sono sentita un po' abbattuta, è vero. Un po' come se non contassi più nulla. Dire "cavolo, stavo sbagliando" a volte non è stato facile. Ma il riconoscerlo e fare un passo avanti nella conoscenza di un argomento o l'accettare di aver commesso un errore ho scoperto che, anziché farmi sentire sminuita agli occhi degli altri, ha fatto aumentare la stima. E mi ha fatto anche sentire più sicura. Perché capire di avere sbagliato, cambiare idea di fronte alle evidenze, non è segno di debolezza, ma di capacità di ragionare, di mettersi in discussione, di accettare le idee degli altri e discuterne. Di crescere.

Auguro a tutti gli "odiatori seriali" di poter fare questo cammino.


P. S.: in un mio vecchio post affrontavo già il discorso sui cosa può portare una persona ad essere aggressiva o avere altre difficoltà di relazione, mancanza di empatia ecc... Eccolo: 




domenica 13 dicembre 2020

Natale con i tuoi?

Dopo la Pasqua, anche il Natale si preannuncia completamente diverso da quello a cui ero - a cui eravamo - abituata. Il primo pensiero che ho avuto è stato per mio fratello maggiore, che sarà l'unico della famiglia a restare davvero solo. Bene o male, gli altri avranno qualcuno accanto. Anche fosse solo una persona. Mi è salita una profonda tristezza. Dopo la Pasqua, anche il Natale... 

E sarebbe il primo da solo, in sessant'anni. Ho pensato poi che comunque lui è una persona forte, che comunque esistono le video chiamate, che comunque il Natale non è solo una cena o un pranzo in famiglia con lo scambio dei regali.

Il Natale è la nascita di Cristo, la sua venuta sulla terra, il dono di Dio all'umanità.

Gesù nascerà anche quest'anno. E saprà portare gioia e consolazione a tutti quelli che dovranno passare questo giorno lontani dai propri familiari perché lontani, perché malati, perché al lavoro. Come è sempre stato. Ogni anno c'è chi non può festeggiare per uno di questi motivi. Quest'anno saranno solo più numerosi. Sarà difficile per le persone anziane, questo sì. Sarà importante farsi sentire e vedere con una chiamata, perché questa situazione sta creando difficoltà alla mente di molte persone avanti negli anni, che rischiano di lasciarsi andare.

Mi sono anche chiesta se non sia meglio far rischiare queste persone, ma renderle felici, oppure salvare la loro salute, ma rischiare di vederle morire dentro. 

A questo non sono sicura di poter dare una risposta. Egoisticamente, le voglio accanto ancora un po' e comunque, sempre egoisticamente, non vorrei essere la causa di un eventuale contagio. Non potrei perdonarmi facilmente... 

Pensiamo poi a cosa festeggiamo, col Natale: il natale è, come dicevo, la venuta di Dio sulla terra. Dio che si fa uomo, bambino, per poter camminare accanto a noi, nel in tutto e per tutto. Per poter attraversare le nostre stesse strade, i nostri dolori, le nostre gioie, la nostra morte. Non è un pranzo. Nessuno ci può "rubare il Natale", che perché nessuno ci può togliere questo dono di un Dio che si spoglia di tutto per diventare un neonato piccolo, bisognoso di tutto, da proteggere, da allattare, da crescere giorno per giorno. 

Nessuno ci può togliere la gioia della venuta del Salvatore nel mondo. 

Non sarà un virus a uccidere il Natale, se lo sapremo vivere comunque nei nostri cuori. Non serve a nulla fare un pranzo o una cena, se non siamo capaci di avere dentro di noi la gioia che questa nascita porta nel mondo. E se abbiamo questa gioia, se davvero crediamo che quel piccolo neonato in braccio ad una ragazzina ebrea sia il salvatore del mondo, allora potremmo festeggiare con chi amiamo anche se non sarà il 25 dicembre. Potremo avere sempre nel cuore la gioia, la speranza, l'amore e diffonderli fra chi amiamo in qualsiasi giorno dell'anno. 



Golf asimmetrico 🙃

Ed ecco qua il mio ultimo lavoro, liberamente ispirato ad una maglia trovata su una pagina di vendite abbigliamento online. Non è esattamente come avrei voluto, ma la impossibilità di andare in giro a cercare la lana giusta ha influito sulla decisione. 




mercoledì 2 dicembre 2020

Razza Italica?

Vorrei tanto che le persone che parlano di "cultura italiana", di "radici" ecc... mi spiegassero a cosa si riferiscono. Cioè a quanto indietro risalgono per parlare di Italia, tradizioni, radici...

La nostra penisola, proprio per la sua posizione, è sempre stata, fin dalla prima colonizzazione da parte dell'uomo di Neanderthal, punto di passaggio, di collegamento fra le varie regioni del mediterraneo. Per cui dal nord Europa passavano verso l'Africa e viceversa e dal medio oriente arrivavano qui e viceversa. Durante l'età del bronzo sono arrivati i primi popoli di origine indoeuropea, anche se c'erano già altre popolazioni, prima (aiuto, l'invasione!! Tornatevene a casa vostra!). Da qui alla fine del secondo millennio prima di Cristo ci sono state almeno altre quattro ondate migratorie in Italia, ognuna di esse ha portato un contributo alla civiltà e allo sviluppo. 

http://spazioinwind.libero.it/popoli_antichi/Indice/Italici1.jpg

Sono arrivati Celti, Liguri, Abitanti dell'Asia minore, Greci, Fenici, Vandali, Longobardi, Bizantini, Arabi...

E prima di tutto questo l'Italia era abitata tante popolazioni diverse: Etruschi in Toscana; Umbri in Umbria; Latini, Sabini, Falisci, Volsci ed Equi nel Lazio; Piceni nelle Marche ed in Abruzzo Settentrionale; Sanniti nell'Abruzzo Meridionale, Molise e Campania; Apuli, Messapi e Iapigi in Puglia; Lucani e Bruttii nell'estremo Sud; Siculi, Elimi e Sicani (non indoeuropei, probabilmente autoctoni) in Sicilia. 

La Sardegna era abitata, fin dal II millennio a.C., dai nuragici.


Orbene, visto e certificato che non esiste una "razza italica", ma che siamo il risultato di un miscuglio di tante popolazioni che, nel corso dei secoli, si sono unite, combattute, ancora unite e mescolate fra loro, come possiamo parlare di "radici italiane"?

La nostra ricchezza nasce proprio dal fatto di essere un popolo ricco di storia, di tanta storia fatta di un insieme di culture, religioni, tradizioni diverse che hanno dato vita ad uno dei paesi più ricchi di arte e storia che ci sia nel mondo.

E noi adesso vogliamo buttare a mare (letteralmente) tutta questa ricchezza.

E vogliamo parlare delle radici cristiane?

Se noi ci riteniamo discendenti diretti dei romani (ma abbiamo appena visto che anch'essi sono il risultato di un'unione fra più popoli), allora le nostre "radici" sono pagane, perché i romani onoravano divinità prese pari pari da quelle greche.