mercoledì 24 novembre 2021

Tanto cresce lo stesso

Tanto cresce lo stesso”
“L'importante è che stia bene”
“Meglio un biberon di latte artificiale che una mamma stressata”
“Così puoi lasciarlo quando hai bisogno”

Scommetto che ognuna di noi potrebbe aggiungere molte altre sentenze come queste alla lista di ciò che si è sentita dire quando ha avuto difficoltà nell'allattamento.
Capita molto spesso che, quando l'allattamento del nostro bambino non va come avevamo immaginato e sognato, le persone intorno a noi, nel tentativo di farci stare meglio, di essere di aiuto, ci rivolgano queste frasi cercando di convincerci che, in fondo, non è poi così importante. Forse pensano che così anche noi ci convinceremo che non lo sia e, di conseguenza, soffriremo meno.

Ma davvero queste parole ci fanno stare meglio?
Cosa prova una persona quando, confidando a qualcuno il suo problema, si sente rispondere con frasi che lo minimizzano?

Personalmente ritengo che chi si esprime con queste frasi non abbia la percezione di quanto dolore provi una mamma che desidera allattare e si ritrova a non riuscirci; oppure, come spesso ci accade quando cerchiamo di sminuire un problema, si pensa così di far diminuire il dolore Se mi convinco che non era importante, soffrirò meno. Nella mia esperienza, questi non funziona e spesso fa accadere il contrario o perlomeno è inefficace.

Cosa vuole sentirsi dire una mamma che ha problemi ad allattare non ha allattato?
Non gli serve sapere che “tanto crescono bene lo stesso”, che non sono “mamme di serie B”, che il loro bambino le amerà lo stesso ecc... Lo sanno già, ma non è ciò che gli preme.

Loro volevano essere in grado di provvedere al loro bambino, come lo sono state quando era nel pancione.
Volevano quel tipo di maternato.
Avevano un sogno che si è infranto contro una realtà che non si aspettavano.
Adesso vogliono sapere che quello che provano non è sbagliato.
Sapere che non hanno “sbagliato tutto”.
Che è giusto star male quando qualcosa non va come avremmo desiderato.
Che si può superare, certo, ma non nascondendo quello che si prova.

Se incontriamo una mamma che ci confida di avere difficoltà ad allattare, o che ha smesso, dicendo quanto le sarebbe piaciuto farlo serenamente, non va sminuito il suo problema, ma va accolto il suo dolore.
Deve sapere che non è lei ad avere sbagliato. Che non è colpa sua.
Forse questa mamma sta raccontando cosa ha passato solo per sfogarsi, cercare conforto, sostegno.
Anziché cercare di sminuire il suo dolore, dirle che quello che prova è “esagerato”, che non è nulla, o farle sentire che sta sbagliando a stare male per questo, potrebbe aiutarla molto di più sentirsi dire: “deve essere stato davvero difficile; una bruttissima esperienza, per te. Vuoi raccontarmi come ti sei sentita?”
Molto probabilmente questa donna farà uscire il suo dolore, perché si sentirà compresa, accettata e solo allora sarà pronta per affrontare il suo problema e potremo offrire un aiuto concreto come, ad esempio, un incontro con una consulente per l'allattamento, se sta ancora allattando e vuole sapere se e come sia possibile cambiare la sua situazione, oppure parole di conforto se la situazione è ormai passata da tempo.

https://www.pexels.com/it-it/foto/bambino-in-traversina-bianca-sdraiato-sul-letto-6393346/


sabato 20 novembre 2021

Sacra famiglia

Fra poco più di un mese sarà Natale.
Per i cristiani si rinnoverà la festa per la venuta sulla terra di Gesù, figlio di Dio, che ha camminato in mezzo a noi come un uomo qualsiasi, nascendo come un bambino qualsiasi della sua epoca in modo semplice, senza sfarzo, senza ricchezza, rifiutato da chi non ha voluto stringersi un po' per offrire a sua madre un posto caldo e comodo in cui partorire.
Tutto il resto del mondo festeggerà "la festa dei bambini", la "festa dell'amore e della pace", cercando di nascondere il vero significato del Natale.

E tutti, probabilmente, dimenticheranno che Gesù è già nato e morto proprio ieri, sotto il naso della "Europa, culla della civiltà cristiana".
È morto solo, in un bosco, per il freddo, dopo che anche i suoi genitori sono stati trasportati altrove perché gravemente feriti. Aveva un anno, il piccolo Gesù.
Non ha avuto un bue e un asinello per scaldarlo.
Non ha avuto nessun dono dai Magi o dai pastori.
Non ha avuto tempo di crescere e ascoltare i proclami di chi, agitando un rosario, si dichiara cristiano, ma lascia che piccoli e grandi Gesù come lui muoiano di freddo o in fondo al mare. O di chi si dichiara madre e cristiana, ma non si commuove di fronte ad altre madri che vedono i figli sprofondare in fondo al mare.
Tutti staremo a guardare con occhi commossi il "bambinello" deposto nella mangiatoia. Faremo grandi discorsi con me lacrime agli occhi su come il Salvatore del mondo sia nato povero, rifiutato. Ci batteremo il petto e poi andremo a casa a mangiare il panettone.

E intanto Gesù è già nato e morto un mese prima. Nelle vesti di questo bambino.

Nell'indifferenza dei potenti.

Accompagnato da frasi di odio che ho potuto leggere sotto gli articoli che hanno narrato la sua storia.
C'è qualcuno, novello Erode, che si compiace di questa morte.
Qualcuno che dice che la polizia "ha fatto il suo dovere", in difesa "del sacro suolo" del loro paese. Che se lasci passare quel bambino, ne arriveranno altre migliaia. Che sono invasori.
E io mi chiedo se il "proprio dovere" sia gettare acqua gelata su persone che non hanno nulla, con temperature vicine allo zero, sapendo benissimo che questo servirà a farle morire poco a poco.
Mi chiedo cosa ci sia di "sacro" in un prezzo di terra, rispetto ad un altro; dove siano i confini, se non sulle carte disegnate dall'uomo e perché un essere umano nato in un punto diverso della terra non possa calpestare quel suolo. Quale Dio ha stabilito che quel luogo è "sacro" per qualcuno e non per qualcun altro?
E da quando un invasore arriva disarmato, povero, congelato, affamato?
E i nostri governi non sono sempre a lamentarsi della crescita vicina allo zero, della popolazione sempre più vecchia? Allora dove sarebbe il problema di fare arrivare altre persone?

La verità è che siamo tutti attaccati al nostro pezzo di "roba", come nella novella di Verga. Preferiamo morire nella nostra vecchia, chiusa, decadente "Europa cristiana" attaccati alle nostre misere ricchezze gridando "roba mia! Roba mia!" e perdere tutto, piuttosto che condividerle con chi ha bisogno.

Ieri Gesù è morto.
E noi stiamo per addobbare l'albero, costruire il presepio, andare a messa dicendo quanto è bello questo giorno di pace e d'amore.

Foto da https://www.fanpage.it/esteri/abbandonato-sul-confine-tra-polonia-e-bielorussia-bimbo-migrante-di-un-anno-muore-di-freddo/