mercoledì 25 ottobre 2023

Gli animali sono tutti uguali oppure no?

Mentre qui fuori di sentono gli spari sotto casa e io penso che non posso uscire a fare una passeggiata, rifletto sulla storia del cervo Bambotto, il beniamino del paese di Pecol. Si sono indignati tutti, giustamente. A di là delle considerazioni sul fatto che gli animali selvatici non devono essere abituati ad avere confidenza con l'uomo proprio per evitare queste situazioni, mi viene da chiedermi se tutti quelli che si sono arrabbiati per l'accaduto abbiano mai mangiato con gusto polenta e capriolo, salame di cervo, ragù di cinghiale e se sulle loro tavole sia presente più o meno spesso la carne. Perché quel cervo non è diverso dagli animali che troviamo nel nostro piatto. Lui è semplicemente un animale che è nato e cresciuto fra gli uomini, ma non è diverso da tutti gli altri animali che teniamo negli allevamenti ed eliminiamo a milioni per nutrirci.

Anzi, un animale cacciato è comunque un animale che ha vissuto libero e felice per sette anni, mentre un animale di allevamento conduce una vita misera (se possiamo chiamarla vita) per pochi mesi e poi fa la stessa fine.

Ma per questi animali nessuno si indigna.

Perché Bambotto aveva un nome, un'identità, una storia. Non era più "un cervo", ma era un individuo.

Ecco, fermiamoci a pensare che anche tutti gli altri animali che finiscono nei nostri piatti, lo sono. Se prendiamo uno qualsiasi di essi e lo portiamo via da quei luoghi, diventerà anche lui un "Bambotto", con un nome, un'identità, un carattere. Scopriremo che anche l'ultima delle galline di batteria ha una sua identità, non è un pezzo di carne. Pensiamo a che vita ha fatto, a che vita avrebbe avuto diritto. A quel punto potremmo decidere se mangiatla lo stesso oppure no. 

Tanti (troppi) anni fa, fuori da un pollaio dove le galline ovaiole "vivevano" in quattro in gabbie di 40cmx40, con le zampe sempre su una grata perché così uova e feci cadevano su un nastro, con il becco tagliato perché sennò si sarebbero eliminate per avere spazio, con la luce sempre accesa giorno e notte per fargli fare più uova, vidi un mucchio di galline in terra, sotto il sole. Decine, ammucchiate come spazzatura. Ad un tratto vidi che una si muoveva debolmente e lo feci presente ad un operaio che passava. Lui, con un'alzata di spalle, rispose che non era un problema, lì sotto il sole sarebbe durata poco. Mi si strinse lo stomaco e il cuore. Chiesi se l'avessi potuta prendere e l'operaio mi rispose: "e che te ne fai? Tanto ora mu0re".

La portai a casa, la misi su un letto di paglia all'interno di una vecchia voliera, iniziai a darle da bere con un cucchiaino, poi del pastone bagnato con un pochino d'acqua perché non riusciva nemmeno a mangiare. In poco tempo si riprese. Divenne bellissima, grassoccia, con un piumaggio folto e lucido. Alla faccia dell'idea che le galline siano "stup1de", mi riconosceva, mi veniva incontro chiocciando e mi dava delle beccatine delicate per salutarmi. 

Ecco, Cocca non era più "una gallina", ma "la" gallina. Aveva un nome, era un individuo. E quando le persone a cui l'affidai al termine della vacanza dicendo di averne cura che l'avrei presa al mio ritorno, la cucinarono, mi sono arrabbiata, ho sofferto. Mi risposero: "era diventata così bella grassa, che era un peccato non mangiarla". Mi arrabbiai. Gli dissi che era la mia gallina, non si dovevano permettere, gliela avevo affidata con fiducia...

Cocca, insomma, era la mia Bambotto.

Pensiamoci, ogni volta che addentiamo un pezzo di carne. 

Era un individuo.



P. S.: A tutto questo ci sarebbe anche da aggiungere una considerazione sul fatto che chi va a caccia oggi non lo fa per procacciarsi il cibo, ma per "divertimento" e quindi si dovrebbe aprire una discussione su come si possa trovare "divertente" togliere la vita ad un essere vivente... 

(Foto dal Corriere del Veneto)


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