domenica 14 luglio 2019

"E chi è il mio prossimo?"

Mattia Preti - olio su tela - 1640/1645

In quel tempo, un dottore della Legge si alzò per mettere alla prova Gesù e chiese: «Maestro, che cosa devo fare per ereditare la vita eterna?». Gesù gli disse: «Che cosa sta scritto nella Legge? Come leggi?». Costui rispose: «Amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima, con tutta la tua forza e con tutta la tua mente, e il tuo prossimo come te stesso». Gli disse: «Hai risposto bene; fa’ questo e vivrai». 
Ma quello, volendo giustificarsi, disse a Gesù: «E chi è mio prossimo?». Gesù riprese: «Un uomo scendeva da Gerusalemme a Gèrico e cadde nelle mani dei briganti, che gli portarono via tutto, lo percossero a sangue e se ne andarono, lasciandolo mezzo morto. Per caso, un sacerdote scendeva per quella medesima strada e, quando lo vide, passò oltre. Anche un levìta, giunto in quel luogo, vide e passò oltre. Invece un Samaritano, che era in viaggio, passandogli accanto, vide e ne ebbe compassione. Gli si fece vicino, gli fasciò le ferite, versandovi olio e vino; poi lo caricò sulla sua cavalcatura, lo portò in un albergo e si prese cura di lui. Il giorno seguente, tirò fuori due denari e li diede all’albergatore, dicendo: “Abbi cura di lui; ciò che spenderai in più, te lo pagherò al mio ritorno”. Chi di questi tre ti sembra sia stato prossimo di colui che è caduto nelle mani dei briganti?». Quello rispose: «Chi ha avuto compassione di lui». Gesù gli disse: «Va’ e anche tu fa’ così». (Lc 10,25-37) 


Da quando sono piccola sento dire che il "prossimo" è l'uomo lasciato per strada dai briganti. 
Invece no.
Il prossimo è il Samaritano.
È lui che si è fatto "prossimo" del tizio massacrato. "Chi è il mio prossimo?" Proprio uno fra quelli che tu ritieni la feccia del mondo...
Sì, perché i samaritani erano considerati dagli ebrei come eretici, come feccia. Dare del samaritano a qualcuno era una grave offesa.
In questa parabola è bellissimo notare lo scambio fra Gesù e il dottore della Legge.
Immagino la scena, in pubblico, tutti pronti a cogliere in fallo Gesù, da un lato; tutti pronti a sentire Gesù che insegna ad uno dei teologi del tempo, dall'altro.
E Gesù cosa fa?
Non risponde direttamente, ma fa a sua volta una domanda.
Gesù non si prega al giochetto, ma chiede al suo interlocutore di dare lui stesso la risposta, come per dire: perché lo chiedi a me? Tu, che studi la parola di Dio, dovresti saperlo, vediamo se davvero ascolti la Sua parola...
E il sapiente risponde correttamente, ma viene messo in difficoltà dalla parola "prossimo".
Per quel tempo, la parola indicava chi apparteneva alla tua gente, al massimo.
Gesù va oltre.
Chi è il mio prossimo?
Proprio colui che io giudico nel peggiore dei modi.
Colui che passa per caso sulla mia strada.
E io?
Io devo essere come lui.
Luca non ci dice come ha reagito il dottore della Legge.
Certo che sentirsi dire che, per guadagnarsi la vita eterna, deve comportarsi come uno che lui disprezza, non deve essere stato facile.
E lo dice anche a noi.
Gesù non ci dice chi fosse l'uomo aggredito.
Se fosse un uomo onesto, un delinquente, uno straniero, un ebreo...
Non ci dice nulla di lui, perché in quell'uomo è rappresentata l'umanità intera, che soffre, aggredita dai moderni briganti che la spogliano della sua dignità, la feriscono nell'anima e nel corpo e la lasciano ai margini delle strade del mondo, su cui passiamo, indifferenti al suo dolore.
Gesù non ci chiede di controllare la fedina penale di una persona, la sua nazionalità, il colore della sua pelle o di sapere se ha un "motivo valido" per chiedere aiuto, prima di aiutarla. Ci chiede di fasciare le sue ferite e di metterlo al sicuro.
Di impegnarci, tendere la mano, avere compassione.
Che non è il provare pietà, ma il com-patire, il "soffrire con", cioè condividere il suo dolore, farcene carico e porvi rimedio.



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