lunedì 22 marzo 2021

Cos'è l'allattamento?

Anni fa ho scritto il mio primo articolo su come iniziare bene l'allattamento per il sito della associazione nata dall'idea di un gruppo di amiche e colleghe. Nel tempo ho modificato e ampliato quell'articolo per distribuirlo a mamme in attesa o "appena nate". Ma continuo a sentire che manca qualcosa. Anche se "tecnicamente" non mi sembra che manchi nulla, anche se parlo di cosa sia l'allattamento a richiesta, sento un senso di "freddo", quando lo leggo.

Col tempo, grazie all'amicizia con la mia splendida collega Rita Perduca, non mi sento più soddisfatta di essere solo la professionista che arriva quando un allattamento è compromesso, per cercare di sistemare le cose, per recuperare, per sollevare la mamma dal dolore ecc... 

Rita dice "io mi occupo della relazione, l'allattamento è relazione e sono fortemente convinta che tutto quello che siamo parta da lì" (Rita, correggimi se sbaglio).

È così.

Inutile parlare di come ottenere un buon attacco o di cosa significhi allattare a richiesta, se non si parte dalla relazione.

Ad esempio: perché è importante il pelle a pelle immediato dopo la nascita? Si possono portare mille motivi medici tutti veri e validi, ma il più importante, qual è? L'incontro fra la madre e il suo bambino, fra il bambino e sua madre. Il primo sguardo fra di loro. Il ritrovarsi dopo l'esperienza travolgente del parto, dopo che non siamo più legati uno all'altra, che non siamo più uno dentro l'altra. Il momento in cui il bambino, perfettamente competente, striscia e si dirige verso il seno della madre e fa la sua prima poppata o comunque il suo primo tentativo.

Un momento sacro, che nessuno dovrebbe disturbare.

Cos'è, quindi allattare? 

Solo un modo per nutrire il bambino? 

Allora perché non tirare il latte e farlo dare da chiunque, se non abbiamo "tempo"?

Solo un modo per "creare un legame"?

Allora le madri adottive o quelle che non allattano, non creano un legame col figlio? Sappiamo bene che non è così.

Allattare è tutto questo, ma anche molto di più.

È, appunto, creare una relazione con un'altra persona, totalmente dipendente da noi per soddisfare le sue necessità, eppure così altamente competente e consapevole dei propri bisogni e capace di chiedere ciò che gli spetta.

Se viene allattato a richiesta e se viene risposto prontamente alle sue richieste, non sarà “viziato” o  “dipendente”, sarà, al contrario, una persona indipendente, perché non deve, appunto, dipendere dalla decisione dell'adulto se nutrirlo o meno, se prenderlo in braccio oppure no. Sarà sicuro di sé, perché si sentirà capace di comunicare i suoi bisogni e affinerà sempre più questa capacità.

Allattare è anche venire in contatto con la parte più istintiva di noi stesse, che può spaventare, preoccupare, sconvolgere la razionalità che per alcune persone è così importante (ricordo una coppia in cui entrambi erano matematici e quindi scrivevano meticolosamente su un quadernetto tutte le poppate, gli orari, i grammi assunti, la crescita... A loro dava un senso di sicurezza, ma vedere che non c'era un "ordine" gli creava preoccupazione). Lasciarsi andare può essere estremamente difficile, per qualcuno.

Allattare è venire in contatto con quello che siamo state. Con la nostra bambina interiore, con il modo in cui siano state cresciute, con i dolori, gli strappi, le paure vissute da piccole e che abbiamo così faticosamente nascosto sotto al tappeto del cuore. Può essere devastante. Il pianto del nostro bambino può risvegliare in noi il nostro stesso pianto di neonate non ascoltate, chiuse in cameretta da sole "così non prende il vizio", "vedrai che alla fine smette", "gli si allargano i polmoni"... E questo può fare un male atroce. 

Scoprire che le persone che più amavamo al mondo, che più ci dovevano amare, ci hanno anche fatto soffrire - involontariamente!!!! - fa così male che cerchiamo di nasconderlo. Ma quando sentiamo piangere il nostro bambino non possiamo più fingere e veniamo scosse fino nei più profondi abissi dell'anima.

 Allattare è uscire un attimo dal mondo che corre, per essere sole con la persona che amiamo di più al mondo, quella che ci sta guardando in un modo un cui nessun altro mai al mondo, per tutta la vita, ci guarderà; con un amore che nessun altro al mondo sarà in grado di darci.

E spesso, in un mondo come questo, votato all'efficienza, fermarsi è considerato un'inutile perdita di tempo. Ricordo che quando allattavo il mio primo bambino dissi al mio migliore amico Giulio che mi sembrava di "perdere tempo", a stare così tante ore seduta ad allattare. Lui mi rispose una cosa che adesso amo condividere con le madri che mi chiamano: "stai facendo la cosa più importante del mondo: stai crescendo un essere umano. La polvere si mobili ce l'avrai tutta la vita, tuo figlio piccolo, no".

 Una grande lezione.

 Allattare è tutto questo, ma anche di più (ognuno può mettere qui sotto ciò che significa per lei - o per lui, perché significa qualcosa anche per i padri).

 Se c'è qualcosa di irrisolto dentro di noi, se ci sono conflitti, se non riusciamo ad entrare in connessione con nostro bambino perché bombardate da consigli, interferenze, accuse, sensi di colpa, "cose da fare", sarà difficile fare partire un "buon allattamento", un allattamento che ci procuri soddisfazione e benessere. 

Certo, poi ci sono le evidenze scientifiche, le tecniche per aiutare un bambino ad attaccarsi bene, per far si che riceva latte a sufficienza ecc... Ma quante di queste cose sarebbero necessarie, se non in casi estremi, se tutto potesse partire in modo naturale? Se una madre potesse creare fin dai primi secondi un legame, una relazione salda e sicura col suo bambino, anziché venire allontanata, sminuita, lasciata senza informazioni, abbandonata a se stessa, fatta oggetto di pretese perché deve essere "come prima", madre, moglie, casalinga perfetta e, possibilmente, grande lavoratrice?

Foto di Jessika Arraes da Pexels

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