mercoledì 19 maggio 2021

Tre, due uno...contatto!

Tempo fa ho scritto un articolo sulla aspettative, quale che ognuno di noi ha prima di affrontare una situazione e che, di solito, ci fregano perché poi la realtà si presenta diversa (lo potete trovare qui ).

Quando si parla di bambini, ci sono aspettative un po' su ogni aspetto della vita con loro. Ad esempio una cosa frequente che mi trovo a gestire come Consulente è il disorientamento delle mamme di fronte al bisogno estremo di contatto che i bambini hanno, al loro bisogno di averci vicino, di non essere soddisfatti dal semplice contatto visivo o vocale ("sono qui accanto, tranquillo").

Bambini che non stanno più di alcuni minuti nella culla, nella palestrina, nel box, ecc... 

E le mamme sono sommerse di accuse ("è colpa tua, lo hai viziato", "è colpa tua, perché lo allatti") e di consigli ("lasciarlo piangere, vedrai che si abitua", "deve capire che non esiste solo lui", "non è lui che comanda"). Le mamme affermano cose come "eppure ha i suoi pelouches, la sua giostrina, il carillon, il ciuccio..."

E quello che mi dicono nei loro sfoghi è "ma vuole sempre starmi addosso!", "Non mi lascia il tempo di fare nulla", "non vuole dormire nella sua culletta", "a tavola, dopo cinque minuti, vuole venire sulle mie gambe" ecc...


C'è questa idea che chiedere contatto fisico sia sbagliato, che avere bisogno di qualcuno vicino sia dannoso, che i bambini debbano imparare a fare a meno dei genitori: addormentarsi da soli, consolarsi da soli, giocare da soli...

Che tutto questo sia utile a diventare "indipendenti".

E la cosa buffa è che questo viene applicato anche agli animali da compagnia. Il cane da solo in casa abbaia? Lasciagli la tv accesa, così crederà ci sia qualcuno in casa, lasciagli dei giochi a disposizione, che abbiano il tuo odore sopra. Il gatto fa pipì sul letto o mostra altro segnali di disagio perché si sente solo? Dagli la pallina che si muova da sola, il pesce elettrico che si muove come uno vero e così via...

Insomma, i nostri animali hanno bisogno della nostra presenza, della nostra compagnia, di starci vicino e noi gli offriamo dei surrogati.

E li offriamo anche ai nostri figli, non sia mai che poi "si abituino".

Quando diciamo che vogliamo che siano indipendenti, in realtà intendiamo che abbiamo il desiderio che... Ci lascino un po' in pace. 

Perché se davvero volessimo la loro indipendenza vorremmo che decidessero tutto da soli, mangiassero quello che vogliono quando vogliono, dormissero quando vogliono e, se sono grandicelli, uscissero da soli, si facessero da mangiare ecc... Invece noi vogliamo che facciano tutto quello che diciamo loro, ma... Che non disturbino. Che se ne stiano tranquilli senza richiedere in continuazione.

È difficile avere sempre addosso un bambino, non siamo abituati a questo contatto continuo. E nemmeno la nostra società è progettata per fare sì che i genitori possano soddisfare questo bisogno dei loro bambini (pensiamo invece a società rurali come un villaggio africano in cui la madre svolge tutte le sue normali attività con il bambino sulla schiena e spesso il bambino viene portato da altri membri della famiglia, ma non viene mai lasciato giù, finché non sa camminare bene da solo). A volte, quindi, siamo sopraffatte da questo loro bisogno (a questo proposito ecco il bellissimo articolo di Antonella Sagone "Basta, non mi toccare più!", che potete leggere qui). Un altro bellissimo articolo che mi piace sempre condividere e che spiega bene il bisogno dei bambini di averci sempre vicino è questo, della mia amica Veronica, dal titolo "e se arriva l'anaconda?", che potete leggere qui

Il bisogno di contatto non è prerogativa dei bambini allattati, ma di ogni neonato. Molte mamme mi chiedono come smettere di allattare, così che il loro bambino "impari a stare da solo", soprattutto la notte. Ma smettere di allattare non farà sì che il vostro piccolino non abbia più bisogno di conforto, contatto, sicurezza.

Avrete solo bisogno di trovare altri modi per soddisfare questo bisogno, anche di notte.

Ma davvero stare soli, non "eccedere" nel contatto, imparare a consolarsi con degli oggetti, aiuta? 

Pensiamo al periodo che stiamo vivendo, in cui i contatti fisici sono limitati, al periodo della chiusura iniziale, soprattutto, quando non si poteva neanche uscire o vedere gli altri membri della famiglia che non vivessero nella stessa casa. Eppure avevamo un sacco di oggetti, per consolarci e passare il tempo! Tv, cellulare, computer, con infinti giochini, film, musica... Avevamo e abbiamo cibo a volontà...

Ma quanto ci manca abbracciare un amico? Quanto ci manca stringere fra le nostre braccia la nostra più cara amica e stamparle un bacio su una guancia?

Ci è mancato e ci manca come l'aria toccarci, stringerci, annusare il profumo familiare dell'amico o della nonna...

E invece un neonato, che vive di sensazioni fisiche, che per nove mesi è stato nudo, massaggiato continuamente dalle pareti dell'utero, cullato e dondolato costantemente, che ha, come organo di senso più esteso e sensibile proprio la pelle, deve imparare a stare da solo.

Cosa si impara, dalla solitudine, dal self-soothing, come viene chiamata in inglese la capacità di calmarsi da soli, dal trovare conforto negli oggetti, anziché nelle persone? Forse si impara che non siamo poi così importanti, per cui dovrebbe prendersi cura di noi, visto che non viene quando lo chiamiamo. Forse si impara che non possiamo contare su nessuno, ma dobbiamo cavarcela da soli. Forse si impara che è meglio trovare conforto nel cibo, nella sigaretta, nel comprare un nuovo paio di scarpe, piuttosto che cercare conforto in una chiacchierata con un amico o fra le braccia di chi amiamo.

Vogliamo questo?

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Aggiungo all'ultimo momento il suggerimento di leggere il libro di Alessandra Bortolotti "...e se poi prendere il vizio?", che può aiutarvi non solo a capire i bisogni dei vostri bambini, ma anche a sapere che sono legittimi, sapere da dove nascono, sapere che il soddisfare questi bisogni non creerà pericolosi disturbi o "vizi", ma, anzi, aiuterà i vostri bambini a crescere sicuri e con una buona autostima, proprio perché quando un bisogno viene soddisfatto, esso sparisce e non lascia strascichi che poi si ripresentano anche molto avanti negli anni...



2 commenti:

  1. Complimenti...articolo interessante ed esaustivo...centrato beneed a pieno la questione contatto...grazie davvero!

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