lunedì 1 agosto 2016

La mia idea per la pace

Sono cresciuta in una famiglia che è sempre stata una specie di "porto di mare"... parenti e amici erano sempre i benvenuti, c'era sempre un posto, un materasso da mettere in terra, la poltrona letto da aprire, un posto in più a tavola (a volte anche tre o quattro). Mio babbo non diceva mai di no ad un parente nel bisogno, mia mamma e mio babbo accoglievano gli amici di mio fratello provenienti da ogni parte del mondo senza mai far caso al fatto che non capissero una parola di italiano o che avessero un colore diverso dal nostro. Ci si capiva, si rideva, ci si arrangiava, si imparava l'accoglienza e si imparava che non importa di che colore sei o in che cultura sei cresciuto: tutti abbiamo bisogno di amore e rispetto, di accoglienza e dialogo.
Grazie mamma e babbo, perché grazie a voi ho imparato a rispettare ogni essere umano, ho imparato che siamo tutti uguali seppur diversi, ho imparato che un sorriso e una porta aperta sono le basi per la pace.
A scuola dicevo spesso, quando si tirava fuori l'argomento "pace" che sarebbe bastato che ognuno di noi avesse un amico in un paese straniero per rifiutarsi di fare la guerra contro quel paese; che sarebbe bastato essere in pace col vicino di casa, che a sua volta sarebbe stato in pace col suo e così via, fino ai confini del mondo. Gli insegnanti mi dicevano che erano utopie, che vedevo tutto rosa, che un giorno "avrei sbattuto il naso contro la realtà".
Sono passate decine di anni, ma continuo a pensarla così, perché è così che sono cresciuta e ho visto che è possibile, che può accadere.



Foto di cottonbro da Pexels

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