venerdì 31 maggio 2019

Siamo tutti Greta


Se proviamo a chiedere in giro, sono sicura che chiunque interpelliamo direbbe di volere un mondo non inquinato, ricco di verde…
lettiera, inquinamento, zona umidaIl problema nasce quando qualcuno ci dice cosa dovremmo fare per ottenerlo, perché a quel punto sembra che quasi più nessuno sia disposto a pagare il prezzo che questa cambiamento richiede.
Quando ci viene detto che dovremmo rinunciare a tante comodità (l’uso della plastica, delle auto inquinanti, delle fibre sintetiche, dei condizionatori accesi fissi, del riscaldamento al massimo…) ci blocchiamo subito.
“eh, ma io non posso, perché… eh, ma dovrebbero farlo quelli che… mica io… eh, ma a che serve se lo faccio solo io? Che lo facciano prima <gli altri>…”
Insomma, a parole siamo tutti ecologisti, finché non ci tocca fare davvero qualcosa per esserlo.

Salvare il mondo? Sì, ok, bello, ma che inizino “gli altri”. 

Inquinare meno?
Sì, ok, ma tanto mica serve, mica basta quel poco che posso fare io. 

Fare la raccolta differenziata?
“Figurati, mica posso impazzire a separare i rifiuti! Che mi paghino, se vogliono che faccia anche questo! Che lo faccio a fare? Tanto poi, buttano tutto insieme (è vero, succede proprio quando qualcuno getta la spazzatura nel cassonetto sbagliato: vanifica tutta la raccolta, per cui tutto va buttato via. Ad esempio: un oggetto di plastica dentro l’umido…)”

Finché non capiremo che la responsabilità è di ciascuno di noi, le cose non cambieranno.
MI fanno sorridere le persone che raccontano estasiate: “vedessi, in Giappone! Nessuno butta una cartaccia a terra, i bambini puliscono la propria aula…” Loro lo fanno perché gli viene insegnato proprio che la responsabilità è di tutti, che la strada è anche sua e quindi una sua responsabilità tenerla pulita ecc… Se la cosa ti sembra giusta, inizia anche tu a fare lo stesso. 

Basterebbe, infatti, che ognuno di noi sentisse la sua città come la sua casa. Il mondo, come la sua casa. Butteresti la spazzatura in salotto? Io mi auguro di no…

Ma, non so se sia una prerogativa italiana o se accada anche altrove, noi diciamo: “e io che ci posso fare? Che inizino gli altri! Se lo fanno anche gli altri, allora…” Ma… se tutti dicono questo, chi inizia? Perché gli altri… siamo noi, diceva Umberto Tozzi. 

Certo, il problema dell’inquinamento è grandissimo e non basteranno i nostri piccoli gesti di ogni giorno, ma tanti piccoli gesti, milioni di piccoli gesti, saranno tanto. E magari, uniti a proteste e richieste ai governi e alle aziende, faranno cambiare anche chi ha responsabilità più grandi.

E allora, se non vogliamo che i nostri nipoti vivano in un mondo desolato, inquinato, in cui le aspettative di salute sono ridotte, se non vogliamo che i nostri figli continuino ad ammalarsi come i bambini che vivono nelle “terre dei fuochi”, a Taranto, in Veneto e in posti come questi, dobbiamo capire che ognuno deve fare la sua parte, ognuno deve rinunciare ad una piccola fettina di benessere illusorio per avere un benessere più grande, che si chiama salute, aria e acqua pulita, vita sulla terra.

O forse vale più qualche inutile “comodità” della salute del nostro pianeta e dei nostri figli?

mercoledì 15 maggio 2019

Chiese vuote, cristiani "vuoti"?


Abbazia di San Galgano
Un caro amico ha pubblicato un articolo da un sito di atei in cui, con un certo compiacimento, si dice che i cristiani sono sempre meno e le chiese sempre più vuote.
Come cristiana, dovrei essere preoccupata, farmi delle domande. Insomma, non dovrei stare serena, indifferente, davanti a questa notizia, pensare: “meglio pochi, ma buoni”.
Perché si potrebbe pensare, infatti, che si allontanino dalla Chiesa i “cristiani all’acqua di rose”, come li definiva mia mamma. Quelli, cioè, che si definiscono cristiani, ma poi sono lontani dal vivere davvero il Vangelo (un po’ come me, insomma).
So che, in realtà, non è proprio così e molti si allontanano a causa della delusione data ad esempio del comportamento di alcuni rappresentanti del Clero che disonorano l’abito che indossano e tradiscono la fede che professano e anche a causa di tanti che si dicono cristiani, ma che poi, come dicevo, non vivono davvero come tali e quindi non danno una buona testimonianza.

Perché se ti definisci cristiano, devi essere ben consapevole di ciò che comporta.
Essere cristiani non è semplicemente credere che esista un Creatore o che “Gesù ha tanto sofferto per me, perciò devo andare in chiesa la domenica, ave Maria e guai a buttare via l’olivo benedetto, però con un segno di croce e un po’ d’acqua santa la mia casa è protetta e mio figlio è promosso agli esami se dico tre paternoster”
Credere in Dio, credere non solo che esista, ma credere alla sua Parola, significa affidare la propria vita nelle sua mani. Totalmente. Fidarsi di Lui, credere che ciò che ci chiede ci porterà gioia, cambierà il mondo, la nostra stessa vita.
Significa fare la scoperta sconvolgente che un Dio, che poteva restarsene beato ad osservare la miseria umana, aveva così tanto bisogno di amarci che ha deciso di condividerla, diventando come noi, camminando accanto a noi per farci vedere che non è lontano, che comprendere le nostre debolezze, le nostre fatiche, i nostri dolori.
E non solo. Ha deciso liberamente di lasciarsi uccidere – in un modo orribile ed umiliante - senza reagire, per mostrarci che Lui è più forte della morte, per liberarci da tutto il male di cui siamo capaci verso gli altri, verso noi stessi, verso di Lui.
L’amore che ci ha mostrato Gesù non è uno sdolcinato “volemose bene”, ma è un amore che mette tutta la propria vita a servizio degli altri.

Tutta.
Fino in fondo.
Non si tira mai indietro, l’amore.

Gesù ti chiede tutto: “lascia tutto e seguimi”.
E cosa significa seguirlo? Gesù afferma: “Non chiunque mi dice: Signore, Signore, entrerà nel regno dei cieli, ma colui che fa la volontà del Padre mio che è nei cieli” (Mt 7, 21). E dice anche: “Allora il re dirà a quelli che stanno alla sua destra: Venite, benedetti del Padre mio, ricevete in eredità il regno preparato per voi fin dalla fondazione del mondo. 35Perché io ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere; ero forestiero e mi avete ospitato, 36nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, carcerato e siete venuti a trovarmi. 37Allora i giusti gli risponderanno: Signore, quando mai ti abbiamo veduto affamato e ti abbiamo dato da mangiare, assetato e ti abbiamo dato da bere? 38Quando ti abbiamo visto forestiero e ti abbiamo ospitato, o nudo e ti abbiamo vestito? 39E quando ti abbiamo visto ammalato o in carcere e siamo venuti a visitarti? 40Rispondendo, il re dirà loro: In verità vi dico: ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l'avete fatto a me. (Mt 25, 34-40)

Conta ciò che fai. Non conta se hai fatto queste azioni perché hai riconosciuto Dio nel tuo fratello o perché lo hai fatto per umanità, per amore. Lo hai comunque fatto a Lui. Dio guarderà il bene che hai fatto, non le preghiere che hai recitato, le messe a cui hai partecipato.

La fede conta, la preghiera conta, ma le azioni valgono di più: “A che serve, fratelli miei, se uno dice di aver fede ma non ha opere? Può la fede salvarlo? 15 Se un fratello o una sorella non hanno vestiti e mancano del cibo quotidiano, 16 e uno di voi dice loro: «Andate in pace, scaldatevi e saziatevi», ma non date loro le cose necessarie al corpo, a che cosa serve? 17 Così è della fede; se non ha opere, è per se stessa morta. 18 Anzi uno piuttosto dirà: «Tu hai la fede, e io ho le opere; mostrami la tua fede senza le tue opere, e io con le mie opere ti mostrerò la mia fede». 19 Tu credi che c'è un solo Dio, e fai bene; anche i demòni lo credono e tremano.” (Gc 2,14-19)

Come può definirsi cristiano, allora, chi insulta, deride, emargina persone solo perché sono nate con tendenze sessuali diverse da quelle della “maggioranza”?
Forse che Dio si è sbagliato nel crearle? Pensano di saperne di più di Dio e dire come si deve nascere? Chi si può salvare e chi no?

Come può definirsi cristiano chi grida contro persone che hanno il solo torto di essere nate nella parte “sbagliata” del mondo e voler cercare un posto migliore per vivere?
Pensano di saperne di più di Dio, che ha creato il mondo senza frontiere e che si è scelto un popolo nomade come suo popolo? Popolo che ha fatto vagare per quarant’anni, senza dimora, profugo, prima di farlo arrivare nella terra promessa?

Come può definirsi cristiano che iscrive i suoi figli alla scuola privata perché “almeno non ci sono <quelli là> (immigrati, disabili…)”?

O chi sbuffa perché trova che sia un privilegio fare parcheggi per disabili, rampe di accesso, posti di lavoro garantiti…

O chi prega per i bambini abortiti, ma poi maledice le madri che li hanno uccisi, senza sapere perché lo hanno fatto, senza sapere che vita vivevano, senza sapere nulla di loro?
Forse queste madri non sono anch’esse figlie di Dio e amate da Lui?

Gesù, invece, ti chiede di cambiare ogni tuo gesto, ogni tua parola, ogni tuo pensiero, per uniformarsi al suo. Per essere davvero un suo discepolo. Quello che facciamo deve essere ispirato all’amore, allo stesso amore che Gesù ha riversato su di noi: "Ama e fa ciò che vuoi: se taci, taci per amore, se parli, parla per amore, se correggi, correggi per amore, se perdoni perdona per amore. Sia in te la sorgente dell'amore, perché da questa radice non ne può uscire che il bene". (Sant’Agostino in Ep. Jo. 7, 8).

Gesù non si è messo sul trono a comandare.
Gesù si è spogliato e si è inginocchiato davanti a noi a lavarci i piedi. Ha accolto, perdonato, ascoltato, ogni persona che gli si è accostata. E ci ha chiesto di fare altrettanto.
Non si è tirato indietro. Nemmeno davanti a Giuda. Ha lavato i piedi anche a lui!
E noi, invece, facciamo fatica a fare un gesto d’amore per chi consideriamo “per bene”, figuriamoci per in tanti “Giuda” che incontriamo! 

Quindi cercare di seguire la parola di Dio, definirci cristiani, equivale a cambiare radicalmente ogni nostra azione, ogni nostro pensiero.
A chi ci taglia la strada, non urleremo offese augurando la morte.
A chi ci passa davanti nella fila, non lanceremo offese sul lavoro di sua madre, ma faremo valere con educazione e rispetto i nostro diritti, cedendo anche, se necessario. Perché l’altra guancia da porgere è anche questo.
Al figlio che ci risponde male non daremo uno schiaffone, me cercheremo di capire cosa sta passando, cercheremo il dialogo, diremo quanto ci fa male ricevere quei gesti ecc…

Ogni giorno, in ogni gesto, cercheremo di metterci quel grembiule ai fianchi e cercheremo di fare “piccoli gesti con grande amore”, come diceva Madre Teresa.
Perché è inutile dire il Rosario tutti i giorni e poi sparlare del vicino. È inutile ascoltare omelie scuotendo la testa in segno di approvazione e poi augurare ai migranti di affogare in mare.

Mi dicono che sono “intransigente”, “esagerata”, “chiedo troppo”.
Se vuoi essere cristiano non ci sono mezze misure.
O lo sei o non lo sei.

Meglio allora chiese mezze vuote, ma con la presenza di chi vive davvero il Vangelo, che davvero testimonia l’amore di Dio in ogni momento della sua vita.

Ed essere cristiani significa anche mostrare che tutto questo amore ricevuto, che ci viene chiesto di distribuire intorno, ci rende felici. Via i cristiani con le facce scure, tutti compresi perché “sono cose serie”! Dio è amore e l’amore è gioia, l’amore regala gioia, l’amore rende felici. E se vogliamo che le chiese si riempiano di nuovo, dobbiamo far vedere che amare Dio, amare gli altri, essere amati da Lui, ci rende felici. La nostra gioia, la nostra speranza, la fiducia che tutto andrà bene perché è tutto nelle sue mani, si deve vedere, deve essere contagiosa, deve essere una lampada posta in alto.