sabato 20 aprile 2024

Gli adulti non si toccano! E... i bambini?

Quando mi capita di parlare di educazione dei bambini criticando i metodi punitivi chiedendo se noi adulti saremmo soddisfatti ad accettare gli stessi metodi su di noi, per i nostri errori, mi viene sempre risposto: "non è la stessa cosa!" oppure: "che razza di paragoni!". Quando chiedo perché, mi viene risposto che gli adulti non hanno bisogno di essere educati...

Ora...

Se guardiamo al comportamento di una grandissima quantità di adulti, tutto vedo meno che persone che non hanno bisogno di essere educate: è cosa di ogni giorno veder parcheggiare ovunque, non rispettare i limiti di velocità, cercare di passare avanti nelle code, gettare i rifiuti in terra o abbandonarli ovunque, picchiare le compagne, e così via... Potrei continuare questa lista molto a lungo, non vi pare? 

Quindi no, non credo affatto che gli adulti non abbiano bisogno di essere educati, anzi. E credo anche che il risultato di tale mancanza di educazione sia proprio quel tipo di modello punitivo ricevuto nell'infanzia per cui non si spiega il motivo per cui una cosa non va fatta, si punisce e non si fa "perché lo dico io". Così, da adulti, rispetteremo le regole solo se saremo costretti, se ci sarà il vigile, l'autovelox, la telecamera, ecc... E non perché avremo capito che il rispetto delle leggi serve a vivere bene in comunità, ad esempio. 

Se il nostro capo, davanti ad un nostro errore, ci desse uno sculaccione, oppure ci togliesse la pausa pranzo, o ancora facesse un tabellone in ufficio con su scritto chi ha sbagliato durante la settimana, credo che tutti ricorreremmo ai sindacati o ad una denuncia. Ma troviamo normale e giusto farlo ai bambini. Pretendiamo che i piccoli accettino di subire cose che noi per primi non accetteremmo mai e che, anzi, ce ne siamo anche grati perché sono "per il loro bene". Perché loro vanno "educati", mentre noi, che abbiamo appena buttato la cartaccia in terra o insultato l'automobilista che davanti a noi guida troppo piano, lo siamo già e non ne abbiamo bisogno... 

E comunque, se noi sbagliamo, pretendiamo che la punizione sia dignitosa. Una multa, un rimprovero... Ma un bambino va colpito, umiliato, chiuso in camera da solo, a letto senza cena ecc... Perché? 

"Ma perché non capisce i discorsi!" è la risposta. 

Bene, ok. Allora smetterà di fare quella cosa solo per paura della punizione e non perché avrà capito il motivo per cui è sbagliata. Se è questo il risultato che si desidera raggiungere, va benissimo, ma occorre anche sapere che non appena il figlio potrà eludere la punizione, continuerà a fare quella cosa, semplicemente di nascosto. Oppure la farà quando la nostra punizione non avrà più alcun potere su di lui. Esattamente come noi adulti che volano le regole se non c'è nessuno a controllare...

Se invece vogliamo che capisca il motivo per cui una certa cosa è sbagliata, occorrerà più tempo, più pazienza, più spiegazioni, più fatica. Ma il risultato sarà duraturo. Il figlio, molto probabilmente, farà sua la spiegazione. E, se invece troverà che non è d'accordo, se non altro avrà imparato a discuterne e sarà possibile trovare una soluzione condivisa. Se sarà troppo piccolo per questo, riuscirà comunque ad accettare più facilmente la regola perché saprà che c'è un motivo, dietro, anche se non lo condivide. 

E comunque, il fatto di non capire una spiegazione perché troppo piccolo per capire il linguaggio, significa anche che è troppo piccolo anche per capire il motivo per cui è stato colpito. E infatti i bambini dopo un po' ripartono a fare le stesse cose e vengono colpiti nuovamente. Se lo sculaccione o la punizione fossero così efficaci, ne basterebbe uno per ogni errore. Invece i promotori di questo sistema raccontano con orgoglio di quanti ceffoni e punizioni abbiano ricevuto da piccoli...

Se, invece, i bambini sono in grado di capire il motivo per cui vengono puniti, allora sono in grado anche di comprendere una spiegazione e non ci sarà bisogno di punirli. 

Questa cosa secondo la quale "non è la stessa cosa" punire un bambino e punire un adulto mi fa solo pensare che i bambini, fino ad una certa età, non siano considerati persone. Siano una sorta di animaletto selvaggio da domare. Peccato che, ormai, anche gli educatori cinofili, gli esperti di gatti, di cavalli ecc... affermino che gli animali vanno educati con pazienza ed amore e non con punizioni e costruzioni. Eppure... Nemmeno loro capiscono il nostro linguaggio! E allora? Forse i bambini valgono meno di un cane? 

Riflettiamoci, per favore. 

Immagine da Pixabay


venerdì 29 marzo 2024

Venerdì Santo

Da ieri sera è calato il silenzio nelle chiese del mondo. 

In ogni parte del mondo, in ogni chiesa, anche la più piccola e sperduta, le campane raceranno fino alla mezzanotte di sabato, quando il mondo esploderà di gioia, davanti alla resurrezione di Cristo, davanti alla vittoria definitiva e totale della Vita sulla morte.

Uscire dalle messa del giovedì santo in silenzio, senza saluto finale, mi ha fatto sempre sentire come se continuassi a vivere dentro la messa, in questi giorni, perché essa non è finita, c'è un continuum fra quella del giovedì, la celebrazione del venerdì e la messa di sabato notte (che infatti comincia senza saluto iniziale).

Questo mi ha fatto sempre vivere queste ore in modo diverso, come se il mondo fosse ovattato, se mi dovessi muovere in punta di piedi, se dovessi fare silenzio e "serbare ogni cosa nel cuore", come se fossi ancora davanti all'altare.

Anche Gesù fa silenzio.

"Non aprì la sua bocca"

Quanti di noi, accusati ingiustamente, resterebbero in silenzio e non cercherebbero, invece, di difendersi con tutte le forze? Nessuno, credo.

Ma lui fa silenzio.

Griderà forte solo al momento di lasciare il suo corpo per ricongiungersi al padre. E poi, ancora, silenzio fino al mattino del sabato, quando lo stupore, il dubbio, la paura, lasceranno il posto alla gioia irrefrenabile del sapere che la morte non ha più alcun potere, che Gesù è vivo e noi con lui.

E che lui sarà accanto a noi "ogni giorno, fino alle fine dei tempi"

Foto di William Gullo


sabato 23 marzo 2024

Di latte e d'amore

Una goccia
Un sorriso
Scambio di calore
Di pelle
Di odori
Amore
Sguardi
Tocco gentile di dita che si incontrano
Che percorrono pelle nuova da esplorare
Mentre
Goccia dopo goccia
Il fiume bianco dell'amore
Inizia il suo corso
E costruisce un cammino di vita
Di sicurezza
Di conforto
Da milioni di anni

Per milioni di madri
Per milioni di figli

(®Paola Mazzinghi)

Foto di Judith Kadow


martedì 5 marzo 2024

Neonati e TV? Può esserci un'alternativa?

In questi giorni, spinta da numerosi post che leggo sui vari gruppi di mamme, ho riflettuto un sacco sul tema dei bambini che impegnano tanto, del non riuscire a fare nulla di diverso dal giocare con loro, di come si fa se non si mettono davanti ai cartoni o ai video di YouTube, ecc... e sale spontanea una domanda: ma come facevano, quando non c'era la tv e non c'erano i cellulari? Le mamme stavano tutto il giorno dietro ai bambini e non facevano altro? Le mamme trascuravano i loro piccoli per fare tutte le cose che erano necessarie (e che nessun uomo, di solito, faceva per collaborare)? 

Ora, siccome io sono nata in una famiglia in cui entrambi i miei genitori lavoravano e non c'era la tv (è arrivata quando avevo otto anni e c'era solo una mezz'ora di tv dei ragazzi il pomeriggio), posso affermare che c'è la possibilità di crescere i figli anche senza schermi pur riuscendo a fare il minimo indispensabile in casa. Ma prima faccio un passo indietro: perché le mamme mettono i bambini davanti allo schermo? Per avere un po' di tempo in cui il bagnino "sta zitto e buono" per riuscire fare altro, direte. Io direi, anche, per *intrattenere* il bambino, in modo che sia zitto e buono. Perché quello che leggo, nelle varie richieste sui gruppi, è sempre: come lo intrattengo, che giochi fare, come lo posso stimolare...?

Ecco, io credo che non sia sempre necessario che noi facciamo fare qualcosa al bambino tutto il giorno. Anzi. Se è un neonato o poco più, ad esempio, si può mettere in una fascia e fare ciò che dobbiamo/vogliamo lavorando semplicemente che lui osservi, magari spiegandogli cosa stiamo facendo (anche se non capirà le parole) o cantando per lui. È cosi che un bambino impara: osservando. E un bambino deve imparare la vita di ogni giorno, come funzionano le cose, a cosa servono gli oggetti di casa ecc... E può imparare solo osservando, all'inizio, e poi provando a rifarlo. Quando sarà in grado di muoversi da solo potremmo portarlo in giro per casa e dargli un panno perché ci imiti mentre puliamo. Possiamo fargli mettere i vestiti i lavatrice o passarci i ganci per stendere i panni o svuotare la lavastoviglie, impastare qualcosa, ecc... Si sentirà utile, imparerà molto di più che dal giochino di plastica con le luci, riusciremo anche a fare il minimo in casa. E poi, ricordo benissimo che io passavo un sacco di tempo semplicemente ad osservare la mia mamma, guardando come stirava, come piegava i panni, a come lavorava (il pomeriggio lavorava in casa) ad ascoltarla cantare (mia mamma faceva tutto cantando, soprattutto brani d'opera). Oppure, semplicemente, mi annoiavo 😅. 

Diamo ai nostri bambini anche il tempo della noia. Ricordo benissimo le mie litanie: "mamma, mi annoio, che faccio?". Be', alla fine la fantasia doveva per forza mettersi in moto e trovavo qualcosa da fare. Che fosse leggere, disegnare, costruire qualcosa, ecc... Questo tempo serve proprio per stimolare i bambini a trovare le loro soluzioni. Non dobbiamo sempre essere noi, a risolvere tutto. A riempire il loro tempo. Visto che ci teniamo tanto a "stimolarli", Ecco, questo è un ottimo modo per stimolare la loro fantasia! 

E ricordiamoci anche che il troppo stimolo può portare ad essere irritabili, a non riuscire a rilassarsi. 

Insomma, purtroppo manca il famoso villaggio che dovrebbe alleviare le fatiche di una mamma e dovrebbe permettere al bambino di avere altre persone a cui richiedere attenzione e avere tanti compagni di gioco, ma si può comunque provare a vivere con i nostri bambini senza farsi aiutare da uno schermo e senza per questo dover passare tutto il giorno con i giochi pensati per loro. 

Nei commenti metto un articolo sui danni che può fare esporre precocemente i bambini agli schermi, motivo che mi ha spinto a scrivere questo post! 



lunedì 22 gennaio 2024

Se smetto di allattare, lo rendo indipendente?

 Una gran parte delle richieste che mi arrivano dalle mamme riguarda il percorso da fare per interrompere l'allattamento. Alcune lo chiedono perché scoprono che questo tipo di accudimento non è quello giusto per loro. Crea irritazione, o disagio, o stanchezza o altro, per cui non desiderano proseguire. Altre lo chiedono perché si sentono stanche delle richieste frequenti del bambino, altre ancora sono convinte (o sono state convinte) che sia sbagliato allattare oltre un tot di mesi; poi ci sono anche mamme che chiedono di smettere perché ritengono che il bambino diventerà così più "indipendente", sarà meno richiedente, sì "staccherà un po'" perché è "ossessionato dalla tetta".

Oggi vorrei parlare di questo ultimo gruppo. Quello che mi piacerebbe trasmettere è che i bambini hanno bisogno di noi genitori, con o senza allattamento. La prima cosa che cerca un bambino è la mamma, al di là del fatto che essa allatti o meno. Seno e mamma sono per lui una cosa sola; non sta cercando un ciuccio, sta cercando una persona: la sua mamma. Quindi è importante sapere che quando si intende smettere di allattare sarà necessario soddisfare i bisogni del bambino in altri modi. Il bambino non smetterà infatti di aver bisogno dei genitori, della mamma. Quindi, se il bambino non può soddisfare il suo bisogno di suzione, di contatto, di conforto con la poppata, andranno trovate soluzioni diverse per far sì che questi bisogni siano il più possibile soddisfatti, perché un bisogno non soddisfatto, prima o poi, si ripresenta, magari sotto altre forme, ma non scompare. Il bambino non diventa "indipendente" forzandolo a fare a meno di noi. Lo diventa via via che acquisisce la capacità di fare da solo, via via che il suo bisogno di "dipendenza" è stato soddisfatto e lui può aprirsi al mondo con fiducia. Questa è la tesi definita da Bowlby "la base sicura": tanto più il bambino avrà stabilito una relazione sicura, serena, salda, con il genitore, tanto più acquisterà fiducia in se stesso e sarà pronto ad esplorare il mondo. Il bambino, quindi, non smetterà di aver bisogno delle attenzioni e dell'aiuto del genitore o degli adulti di riferimento solamente perché abbiamo smesso di allattarlo. Del resto, un bambino di un anno, un anno e mezzo due, come può essere "indipendente"? Ha bisogno di noi per soddisfare quasi ogni sua necessità! 

Trovo anche molto interessante l'appunto che fa il pediatra Carlos Gonzàlez quando parla di indipendenza, di autonomia. Lui si chiede cosa intendiamo con questa parola. Dice che nessuno vorrebbe un bambino che fa quello che vuole quando vuole, che va dove gli pare, che non obbedisce e che invece questa sarebbe davvero "indipendenza" 😅. Dice che in realtà per "indipendenza" molti genitori intendono che vorrebbero un bambino che sta dove lo metti, che non richiede continuamente attenzione, che dorme da solo tutta la notte, che fa quello che gli chiediamo senza storie 😁😁.

Per questo, nelle mie consulenze, cerco di aiutare la mamma non solo a soddisfare il suo bisogno di smettere, ma anche a guardare ai bisogni del suo bambino, per trovare alternative che possono in qualche modo offrire al bambino conforto, sicurezza, contatto, distrazione, nutrimento fisico ed emotivo. 

Perché senza tutto questo la mamma si ritroverà a dover gestire un bambino frustrato e arrabbiato, il che renderà tutto più difficile per lei, che sperava in un cambiamento positivo, per le sue esigenze. Se si riesce a trovare il modo di rassicurare il bambino ed offrirgli alternative piacevoli e soddisfacenti, sarà più facile che lui accetti l'interruzione dell'allattamento. 

Per chi vuole approfondire, suggerisco la lettura di questo articolo (e seguente) di Antonella Sagone:

https://antonellasagone.it/2021/05/15/smettere-di-allattare/


Foto di Taryn Elliott, da Pexels

giovedì 18 gennaio 2024

Sonno, metodi, bambini, "errori"...

Continuano ad apparirmi su Facebook post, pubblicità, interventi sul sonno dei bambini. Ognuno di essi ha sempre le stesse caratteristiche: parla della stanchezza dei genitori, parla degli errori che essi commettono con il loro bambino o bambina, spiega che con quel tale metodo tutto diventerà facile e il bambino dormirà tutta la notte, addormentandosi da solo.

Nessuno ti spiega come sia strutturato realmente il sonno dei bambini, la sua fisiologia in un neonato, in un bambino di pochi mesi, oltre l'anno ecc... Non si parla di fasi di sviluppo, di maturità neurologica, di bisogno primari, di istinti, ecc..., ma si fa leva sulla stanchezza, si induce il senso di colpa dicendo che se il bambino non dorme è perché hai commesso degli errori, si offre una soluzione facile: tranquilla/o, ci sono qua io a dirti come fare. 

Ora, io vorrei provare a dire altre piccole cose. Ad esempio: che significa "non dorme"? Dormire è una necessità vitale, uno stato comportamentale che ogni animale mette in atto e che il bambino già attua in utero. Non è necessario insegnare a dormire più di quanto non lo sia insegnare a respirare.

Credo quindi che l'affermazione "non dorme" dovrebbe essere seguita da: "... Come vorrei... come mi aspettavo..." Perché noi adulti abbiamo una modalità di sonno diversa: ci addormentiamo da soli entrando subito nel sonno profondo, abbiamo pochi cicli di sonno intervallati da microrisvegli dei quali quasi mai ci rendiamo conto (a parte qualche saltuaria corsa in bagno o l'apertura di un occhi per guardare l'ora) e quasi sempre, se capita di svegliarci, riusciamo a riprendere sonno da soli quasi subito. I bambini sotto i tre-quattro anni, no. Hanno meno fasi di sonno N-REM (il sonno "profondo"), hanno più cicli di sonno e nel passaggio da una fase ad un'altra sono più suscettibili ai risvegli; hanno anche bisogno di svegliarsi, fino ad una certa età, per nutrirsi, per essere protetti dalla SIDS, per essere accuditi dai genitori... Tutto questo, perché? Nel corso della nostra evoluzione, il sonno dei piccoli si è adattato per garantire il più possibile la loro sicurezza e quindi la loro sopravvivenza: un cucciolo umano che dorme tante ore fermo e tranquillo non è al sicuro, in una grotta o in una capanna, perché il genitore potrebbe allontanarsi pensando che tanto il piccolo è tranquillo e non ha bisogno, esponendo il bambino al pericolo dei predatori o del freddo. Quindi la natura ha pensato ad un sistema che permetta ai piccoli di essere sempre vicino al genitore, al sicuro, al caldo, ben nutriti (i bambini che poppano di notte assumono circa un terzo del fabbisogno calorico giornaliero).

Non possiamo quindi, modificare il risultato di milioni di anni di evoluzione con qualche metodo o semplicemente dicendo che qui siamo al sicuro e quindi il bambino non ha motivo di svegliarsi, perché lui non lo sa. Fra l'altro questo sistema ha ancora motivo di esistere visto che gran parte della popolazione non nasce in una casa sicura, al riparo. Il bambino nato nell'attico a Milano ha gli stessi istinti e bisogni di quello nato nella foresta amazzonica, oggi. 

Quando si parla di sonno dei bambini, quindi, sarebbe prima di tutto importante spiegare la fisiologia e come cambia in base all'età. Ad esempio leggendo il bellissimo libro di Alessandra Bortolotti: "i cuccioli non dormono da soli", un libro che spiega non solo il sonno, ma parla di relazione, di famiglia, di accudimento.

È anche importante sapere che non è colpa nostra se il bambino ha alcuni risvegli, se vuole dormire vicino a noi, se si addormenta poppando... Sono tutte cose previste dalla natura e, anzi, selezionate da essa perché sono efficaci per garantire la sicurezza e il benessere del bambino. 

Nessun cucciolo dorme separato dalla madre, poppare è estremamente rilassante e nel latte materno esistono sostanze che facilitano e inducono l'addormentamento, per cui è la natura stessa che ha previsto che un bambino si addormenti più facilmente in braccio o vicino ai genitori e poppando. Non c'è nulla di sbagliato.

È anche importante sottolineare che i bambini non si svegliano volontariamente. Nessuno, nemmeno un adulto, può farlo. Il bambino non si sveglia perché vuole il seno, ma vuole il seno perché si è svegliato e quello è il modo più rapido, piacevole, conosciuto, per tornare a dormire.

Quello che servirebbe sapere, dunque, quando si decide di avere un bambino, sarebbe conoscere la fisiologia del sonno e anche capire come fare a riposare con l'arrivo di un neonato.

Crescendo, se si vuole, si può anche provare a fargli apprendere altre modalità per riprendere sonno, che non prevedano l'intervento dei genitori in modo che, quando si sveglia, riesca a riprendere sonno in autonomia. Non è sempre facile, non sempre si riesce. Quello che conta è farlo senza il classico "lascialo piangere, vedrai che smette". Sarebbe meglio aspettare un'età in cui si possa parlare con lui, per spiegare anche i nostri bisogni e cosa gli stiamo chiedendo.

Quello che è certo è che tutti crescono e tutti imparano a riprendere sonno da soli, sebbene dormire vicino a chi si ama sia comunque di aiuto e di conforto a qualunque età.



P. S. Oltre al libro di Alessandra, suggerisco la lettura del libro: "sogni d'oro", pubblicato da La Leche League e dell'articolo di Antonella Sagone https://antonellasagone.it/2022/01/08/perche-i-metodi-per-insegnare-a-dormire-non-sono-consigliabili/


domenica 24 dicembre 2023

Natale 2023

Anche quest'anno, silenzioso, senza troppo clamore, nascondendosi fra le luci, i panettoni, le mille vetrine scintillanti, è arrivato questo piccolo bambino che segnerà per sempre il nostro mondo, tanto da fare dividere la storia in due: prima e dopo Cristo. 

E così come ha diviso la storia, continua oggi a dividere il mondo. Fra chi crede che questo bambino uguale a milioni di altri bambini sia il figlio di Dio e chi crede che sia un rsaltato, un illuso, un aognatore o, al massimo, un grande profeta.

Nel giorno in cui festeggiamo questa nascita, è accaduto per me, come per moltissime altre persone, che una persona cara abbia lasciato questo mondo. E così, come sempre accade da quando esiste la vita sulla terra, morte e vita si intrecciano in una danza senza fine, un continuo susseguirsi di esplosioni di gioia e oceani di dolore.

Senza la morte non esisterebbe la vita. Questa vita che nasce, questo Bambino che arriva per noi è già lui stesso segnato da quello che sarà il suo destino: la mirra, il dono ricevuto poco dopo la sua nascita da uno dei sapienti che arriverà a rendergli omaggio, è una sostanza che veniva usata dagli Egizi per conservare i corpi dei defunti. Uno strano regalo, per un bambino, non vi pare? 

Ma questo Bambino viene proprio per ricordarci che da ora in poi la morte non è più il piombare nel nulla senza speranza. È solo un passaggio ad un'altra vita, più piena, senza dolore, senza fine. 

E io vorrei celebrare così questo Natale, nell'attesa di ritrovare i miei cari, poterli abbracciare di nuovo e vederli di nuovo felici, senza dolore, senza preoccupazioni, in pace.